Report a cura di Francesco Nicodemo e Pietro Citarella

Una community può essere definita come un gruppo di persone che dialogano e che per interesse, passione, posizione geografica o cittadinanza si riuniscono fisicamente o virtualmente in Rete.

Francesco Nicodemo ha sottolineato l’importanza del processo che va sotto il nome di community engagement e che ha come obiettivo quello di stimolare l’interazione, la partecipazione e il coinvolgimento dei membri della comunità al fine di ottenere importanti feedback e favorire un dialogo reale con le PA. Diventa fondamentale per raggiungere questo scopo poter contare su professionisti in grado di guidare questo processo perché dotati delle necessarie competenze: i community organizer. Molto importante anche il tema della proprietà dei dati delle community che appartengono ad aziende private che hanno come obiettivo principale quello di realizzare profitti.

Valeria Favasuli e Stelio Pagnotta ci hanno raccontato l’esperienza social dell’AGID attraverso una pagina Facebook e un gruppo, sullo stesso social network, per la gestione dei rapporti con i cittadini soprattutto con riferimento allo SPID (il sistema pubblico di identità digitale).

Emiliano Germani (comunicatore pubblico) ha descritto l’ottimo uso dei social nel settore pubblico, con particolare riferimento a Linkedin, con aggiornamenti e notizie utili. Ha inoltre anticipato alcune novità che saranno introdotte dal prossimo regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali tra cui la portabilità dei dati di ogni soggetto da una compagnia all’altra, alla stregua del numero telefonico.

Carlo Volpe ci ha parlato della Rete GARR, che interconnette ad alta velocità oltre 1000 università, centri di ricerca e altri luoghi in cui si fa istruzione ed esperienza sui social media.

Pietro Citarella (Comune di Napoli) ha sottolineato che le community possono funzionare soltanto quando funzionano anche le organizzazioni a cui le stesse fanno riferimento. E’ fondamentale, inoltre, che il cittadino sia “educato” ad un corretto approccio ai canali social delle PA: non sfogatoi o luoghi virtuali di lotta politica, ma spazi pubblici di condivisione e dialogo con le amministrazioni. A tal fine non basta la netiquette, ma occorrono regole più precise come le social media policy. Importante anche il riconoscimento dei profili istituzionali per il personale che si occupa di questi nuovi strumenti di comunicazione.

Stefano Martello da giornalista e comunicatore ha posto l’accento sulla necessità di un aggiornamento della legge 150 del 2000 ormai incapace di definire con efficacia i profili dei comunicatori pubblici, in un mondo cambiato radicalmente con l’arrivo dei social network.

Margo Ragosti, imprenditore, ha focalizzato l’attenzione sul tema della tecnologia e in particolare sulla proprietà degli algoritmi che sono alla base delle regole di interazione dei social network. La realizzazione di una piattaforma social che possa consentire di mantenere il controllo su questi algoritmi permetterebbe di non perdere il controllo nemmeno sui dati.

Pietro Valentini del MEF ci ha portato l’esperienza del portale NoiPA che eroga un servizio unificato per la gestione del personale delle PA. L’uso dei social media attraverso una pagina Facebook capace di informare e al tempo stesso rispondere alle richieste degli utenti del portale si è rivelata una scelta efficace, così come la creazione di un gruppo chiuso sullo stesso social network rivolto agli operatori e dove affrontare questioni di carattere tecnico.

Alessio Pecoraro ha parlato della sua esperienza nel mondo del privato, ma anche del suo impegno politico e della sensibilità al tema dei nuovi strumenti di comunicazione grazie alla collaborazione con l’assessorato all’innovazione del comune di Reggio Emilia.

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